Mente Locale della Piana

Il Comitato che vi svela le verità nella Piana Fiorentina e oltre

Tutto quello che avreste voluto sapere sull’aeroporto di Peretola (ma che nessuno vi ha mai detto)

Nel bel mezzo della battaglia che si sta svolgendo intorno alle sorti dello scalo fiorentino, ecco arrivare il corposo dossier di MenteLocale della Piana. L’intento del Comitato è quello di fornire, allo scompaginato e attonito fronte costituito da chi si oppone all’ennesimo scempio del territorio, un quadro sufficientemente completo di elementi di conoscenza necessari a districarsi nella complessa vicenda.
Non c’è dubbio che di chiarezza ci sia bisogno. Le lobby che lavorano per l’ampliamento dell’aeroporto hanno messo in campo in questi mesi — e soprattutto nelle ultime settimane — ogni mezzo possibile e immaginabile per precostituire una soluzione favorevole ai loro interessi.
Niente è stato lasciato al caso: dall’attenzione (del tutto improvvisata) che esponenti politici di destra e di sinistra hanno sviluppato nei confronti delle giuste istanze dei cittadini di Peretola e Brozzi, da anni lasciati soli a sopportare il bombardamento quotidiano provocato dalle manovre di decollo e di atterraggio degli aerei, alla puntuale campagna di stampa impostata sulla denuncia delle cancellazioni dei voli, causate dai venti contrari della Piana. Dalle interviste di AdF e di suoi importanti soci (ultima quella di domenica 24 giugno rilasciata da Benetton sul Corriere della Sera), incentrate sulle lentezze decisionali e le lungaggini burocratiche della dirigenza regionale, a fronte di investimenti bloccati che avrebbero invece dovuto scorrere su Firenze come fiumi in piena, alle grandi manovre finanziare in corso tra Pisa, Firenze e Torino per ridisegnare gli assetti societari di Adf e dintorni.
In tutto questo trambusto gli esponenti della maggioranza che governa Regione, Provincia e comuni del territorio interessato non hanno saputo far di meglio che andare in ordine sparso a ingrossare le fila del grande partito dei favorevoli all’operazione aeroporto, condotta con la consueta abilità dal sindaco Renzi. A onor del vero va detto che la sparuta pattuglia di sindaci che albergano in quel triangolo delle Bermude che si appresta a diventare l’area tra Sesto, Campi e Calenzano, pare ancora mostrare qualche timido segnale di resistenza. Vedremo se e in che cosa si concretizzerà questa opposizione.
Da parte sua, MenteLocale ha la ferma intenzione di monitorare costantemente l’andamento della vicenda, intervenendo da questo momento in poi con tutti gli approfondimenti che si renderanno utili alla comprensione dei fatti, nello spirito di quella sana e civile opera di controinformazione che ormai caratterizza la sua attività.
 
Indice del Dossier:
1 . Un po’ di storia
2. Che ti dice la VAS
3. La pista parallela
4. Londra e Firenze
5. Areoporti nel parco

5 commenti su “Tutto quello che avreste voluto sapere sull’aeroporto di Peretola (ma che nessuno vi ha mai detto)

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  3. Emilio
    10 luglio 2012

    Buongiorno, alcune riflessioni…trasversali.
    …quanti temi sono in realtà sottesi alla questione dell’aeroporto fiorentino, più in generale alla questione di molte infrastrutture, anzi delle molte infrastrutture – ora si chiamano grandi opere, definizione che senza tanti sforzi di interpretazione semantica vuol rimandare a fasti faraonici, che vuol indurre a un sano spirito di morale condivisione (…la battaglia del grano…) – che vengono di volta in volta sbandierate come motori trainanti lo sviluppo di questa o quella regione “grazie all’indotto che vengono a creare”.
    E quanti esempi si sprecano – spesso a sproposito, come ben illustrato nella sintesi cui faccio chiosa e cui mi va di tentar di dare un piccolo ed assai eterodosso contributo – confrontando realtà che, a partir della geografia, niente hanno in comune con quello che è non solo il territorio fiorentino ma lo stesso, intero, contesto italiano. Perché si, l’Italia sul piano geografico e morfologico non può esser messa a confronto – ad esempio – con la Francia o la Germania, non serve esser uomini di grande scienza, non è necessario esser cattedratici bocconiani per comprendere le differenze che intercorrono tra questi paesi e l’Italia, perchè l’Italia, se la Germania e la Francia sono larghe e “sparpagliate”, è lunga e stretta, scandità a metà in senso longitudinale dagli appennini, urbanizzata secondo logiche “altre” da quei paesi, logiche non so se migliori o peggiori – non è il tema – ma logiche diverse, è questa la ragione, una delle ragioni almeno per cui le “rotatorie” da noi non vengono mai bene come i “rond-point” d’oltralpe. O avete mai percorso dalle nostre parti una “rotonda” che sia fatta come Cristo comanda? Sono bislunghe, ovali, virgoliformi, spianate perché tanto verrebbero scavalcate, e quindi che senso ha farle emergere dall’asfalto della carreggiata? Sono ridotte a ridicoli, complicati escamotage che costano soltanto denari alla collettività, le norme europee l’ennesima formula magica capace di trasformare in stupido obbligo (stupido perché appunto il più delle volte mal realizzate) una semplice intuizione atta a snellire il traffico. Fantastiche e geometricamente perfette chicane rallentatrici nelle spianate assolate della Provenza, da noi trasformate in un groviglio sovrapposto di velocissime tangenti sono diventate l’arena per una quotidiana corrida in cui il più spericolato, il più incapace a mantenere una traiettoria, il più imbranato ed il più prevaricatore possono mettere in gioco le proprie peculiarità. E con questi soggetti non si compete, nemmeno se scendi sul loro terreno, quello dell’idiozia, ti battono con l’esperienza di una vita…
    Questo cosa c’entra con l’aeroporto? forse niente, c’entra però col fatto che il buonsenso non ha neppure bisogno di sostanziarsi con esempi di casa d’altri. Il buonsenso non ha bisogno di giustificazioni e riferimenti.
    L’aeroporto a Firenze è un po’ come le tangenziali e l’Autostrada a Genova, una mostruosità. No, è un controsenso.
    Oppure possiamo pensare che appunto Firenze, ben più di Parigi che peraltro non ha Monte Morello a due passi e sicuramente non avrebbe trovato grande ostacolo nel colle di Montmartre, ha assoluta necessità per i propri frettolosi manager di interpretare in un modo unico al mondo questa logistica?
    O dobbiamo ancora pensare che anche questa è una ottima opportunità per far girare l’economia e creare una geniale fonte di indotto? La famosa crescita. Tutti ne parlano. Appunto, ne parlano.
    A questo proposito vorrei riportarVi un aneddoto che riguarda un paese tra i più chiacchierati in questi ultimi tempi: l’Egitto, e che ci può illuminare su come – e non da oggi – le grandi opere infrastrutturali – abbiano consentito grandi progressi, principalmente alla finanza internazionale.
    La fonte di questo aneddoto non è uno dei soliti blog di appassionati di marziani o di paranoici di complotti, è un libro di Robert T. Harrison, uno storico inglese, e si intitola “Gladstone’s imperialism in Egypt: techniques of domination” e riguarda fatti e storia della metà dell’800. Per farla breve e per non annoiare chi ha meno interesse del sottoscritto a quel quadrante regionale (che poi in realtà è anche il nostro perché affaccia sul Mediterraneo, ma va bene lo stesso) negli anni successivi all’apertura del Canale di Suez in Egitto fervette un entusiasmo di modernizzazione e di allineamento – per non dire di competizione – con i paesi europei, Francia e Gran Bretagna in testa.
    Il governo incentivò i giovani allo studio delle lingue straniere (dei paesi dominanti) e verso una educazione di stampo europeo (la modernità) e per le numerose infrastrutture ricorse al credito ottenendo importanti prestiti in Francia. Prestiti così importanti e disinvoltamente gestiti che, allorché il collasso economico dell’Egitto trascinò con sé le economie di vari stati europei in rapporti con esso , nel 1875 l’esperto britannico Steven Cave incaricato all’uopo dal proprio governo redasse una analisi sentenziando che le disgraziate condizioni fiscali risultavano da stravaganti tassi di interesse. In effetti a questa inchiesta successe una crisi politica e l’anno successivo venne istituita la Cassa per il Debito Pubblico così da far si che le rappresentative Britannica, Francese, Austriaca ed Italiana potessero sorvegliare il recupero del debito, che venne ricontrattato ad un interesse del 7 %, ben lontano dal 20-25% proposto dai banchieri francesi.
    Questo debito l’Egitto se lo è portato dietro per cent’anni, fino ai giorni di Nasser, quarant’anni fa.
    Pensate che a metà ‘800 il buon Abramo Lincoln per finir la guerra civile americana dovette stamparsi la moneta da sé: i banchieri europei cui si era rivolto pretendevano aggi fino al 40%. Era un investimento a rischio!
    E’ questo lo sviluppo delle infrastrutture, delle grandi opere.
    Sono produttrici, nella migliore delle ipotesi, di grandi debiti.
    Non creano indotto, se non per due o tre grandi aziende che poi subappaltano a prezzi da usura, perchè ricordate, il lavoro – e quello intellettuale per primo – è ridotto a semplice costo, non a valore aggiunto.
    L’unico indotto che sanno creare è quello degli interessi bancari.
    Non per niente stiamo rifinanziando le banche, esattamente le stesse che hanno costruito la bolla finanziaria ed immobilare negli Stati Uniti quattro anni fa.
    Le grandi opere presuppongono finanziamenti spalmati nel tempo, restituzioni di denari virtuali nemmeno comprensibili, quanto a dinamiche, in realtà presuppongono un debito ed una instabilità permanenti per la collettività. Perché è la collettività alla fine che – giorno dopo giorno – paga, in una forma o nell’altra. E’ la comunità intera che – letteralmente – lotta contro questi burocrati e le loro alchimie per pagargli prebende principesche.
    Mario Draghi predica la necessità dei sacrifici. Abita – per il decoro del suo ruolo – in un castello, di cui noi europei paghiamo l’affitto e non ho idea di quanto, non mi pare un gran sacrificio, il suo. Napolitano mesi addietro ammoniva sul che ognuno dovesse fare la propria parte. In che senso, noi lavorare ed i politici litigare sulla nuova cabala elettorale? Iersera il Presidente si indignava perchè i politici ritardano la nuova legge elettorale. La loro priorità spacciata per nostro diritto. Schifani concorda e rassicura. Gli ex centro-destra-tradizione-casa-e-famiglia danno il loro appoggio con responsabilità, Schifani, Casini, Draghi, nomen omen.
    Chi sono i profeti del nuovo indotto e dello sviluppo irrefrenabile di una economia a somma perennemente positiva? Sono gli stessi di sempre, gli stessi che hanno scaldato – come il Prof. Monti – le sedie di Goldman Sachs, una delle banche d’affari al centro dello scandalo dei subprime, i titoli taroccati, avvelenati. Pensate che gli stessi ribelli libici – che sicuramente hanno un sacco di problemi ma stupidi non sono – mentre a noi le agenzie di stampa e le TV raccontavano che Gheddafi e la famiglia avevano sottratto denari al loro paese comprando qua e la, per sé come fossero balocchi, quote azionarie di squadre di calcio, di fabbriche di automobili eccetera, oppure investito il denaro dello stato in operazioni spericolate, i ribelli dicevo pare stiano intentando azione legale proprio alla Goldman Sachs per aver fatto perdere alla agenzia di investimenti di stato qualcosa come 1 miliardo e 700 milioni di dollari.
    Ed oggi questi profeti dalle poltrone costosissime raccomandano austerità e rigore, rispedendo a noi il saldo dei loro propri errori (ma sono stati errori?).
    E ci rimettono nota delle loro fantasie, la riduzione delle Provincie. Un’altra bufala. Ma Vi immaginate la spesa di riallestimento di nuove provincie, le infrastrutture (uffici ed impianti: il sogno di tutti, il cantiere perpetuo, scavar buche per riempirle) e poi i licenziamenti (di chi? Ovviamente di chi non ha santi in paradiso) i maligni diranno infatti che molti posti sono coperti per meriti politici (ma solo nelle Provincie?) e poi riscrivere la storia: Salerno e Napoli, Livorno e Pisa, Siena e Firenze e via dicendo…non è campanilismo, sono tradizioni e poi sarebbero maggiori i danni che i vantaggi. Ma lo sanno benissimo, e non lo faranno mai, è un argomento buttato là, in pasto ai porci, perchè la gente ci scherzi, perché qualche Vernacoliere lo esorcizzi, feste, frusta e forca…
    L’aeroporto invece è altro che questo : è, si, una bufala. Ma ben più strutturata, fa parte delle logiche di quello che viene pomposamente definito un modello di sviluppo. Uno dei modi – uno dei tanti, badate – di costruire quel meccanismo di debito che imprigiona la nostra società nello logiche cannibalesche della finanza. Piccola o grande, ma sempre quella. Ne abbiamo viste in questi anni di operazioni spregiudicate, scandalose, nella provincia, dai Project Financing più curiosi ai più risibili episodi di recupero urbanistico che incentivano solo gli “imprenditori” all’abdicazione con premio. E la cosa meravigliosa, geniale, di questi ultimi casi, è che la trasformazione di complessi un tempo produttivi in veri e propri ghetti residenziali è stata giustificata con il concetto di non occupazione di ulteriore suolo. C’è del genio – maligno, ma genio – in tutto ciò, scacciar l’industria e far case…a fini paesaggistici.
    Quello che mi stupisce – sempre – è il constatare che questi personaggi locali (Renzi nello specifico, ma non è solo diretta a lui questa critica e comunque non è ideologica) non riescano a sfilarsi dalle maglie di questa specie di tremenda rete a strascico che mischia tutto e tutto confonde, diritti, opportunità, prudenza, cultura, conoscenza, creando solo una sorta di zuppa primordiale in cui i più s/pregiudicati andranno a pescare, alle spalle degli altri, dei più. Emilio Borelli

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Questa voce è stata pubblicata il 29 giugno 2012 da in Inchieste con tag , , , , , , , , , , , , , , .

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