Mente Locale della Piana

Il Comitato che vi svela le verità nella Piana Fiorentina e oltre

Una lettera d’addio all’aeroporto

C’è crisi dappertutto; soprattutto nella testa di chi voleva per forza un nuovo aeroporto a Peretola, e ora, dopo la doccia gelata della sentenza 1164/2020 del Consiglio di Stato, si abbandona in gramaglie alle reazioni più comiche. Si tratta di cazzate talmente puerili, che noialtre Menti francamente non ci saremmo prese la seccatura di tornare dalle nostre pensioni dorate con elevati vitalizi pubblici (seeeeh, ci piacerebbe!), se non fosse per il fatto che qualcuno dei nostri (ex)lettori potrebbe crederci davvero e spaventarsi. Quindi, eccezionalmente, rieccoci qui per spiegare un paio di cose sulla sentenza in modo semplice, in modo che anche gli sconfitti del Consiglio dello Stato possano capirla; o, almeno, provarci.

Cazzata numero 1: “in ogni caso andremo avanti”. Avanti dove? Verso il baratro? Ma per piacere!

Cazzata numero 2: “il Consiglio di Stato non ha bocciato il progetto della nuova pista, ma la procedura di Via”.  Questo è ovvio; i tribunali amministrativi hanno competenze sui provvedimenti della Pubblica Amministrazione, mica sui conti del salumaio. Quindi sia TAR della Toscana che Consiglio di Stato hanno fulminato il decreto di VIA emesso con parere positivo dal Ministero dell’Ambiente al Master Plan dell’aeroporto, perché è quell’atto che noi avevamo impugnato al TAR della Toscana. Ma poiché il parere era positivo sul Master Plan, bisogna vedere se la sentenza 1164/2020 dice qualcosa sulle manchevolezze del Master Plan e se proprio per quello il parere del Ministero era sbagliato e non poteva essere positivo. E, purtroppo per le vedove dell’aeroporto, è proprio questo il caso.

Cazzata numero 3: “bisogna aspettare le motivazioni” (questa purtroppo l’abbiamo sentita il 14 febbraio da un giornalista di Controradio): nella sentenza ci sono già i motivi della bocciatura della VIA, basterebbe leggersela (anche se… sono 95 pagine con un sacco di paroloni difficili… è fatica). Sennò poi per forza si dicono cazzate.

Insomma, c’è crisi dappertutto. Per capirci qualcosa bisogna rifarsi alla originaria sentenza del TAR 79/2019 riguardante il decreto positivo di VIA del Ministero dell’Ambiente che noi avevamo impugnato, e che ci vide stravittoriosi. E per facilitarvi la vita e accorciare questo pezzo, che altrimenti dovrebbe essere più lungo della sentenza, spiegheremo tutto con le sole parole della sentenza del Consiglio di Stato (a cui vanno riferiti tutti i numeri di pagina).

    1. Ciò che disse il TAR

Nella sentenza del TAR che fulminò il decreto di VIA stava scritto che “il progetto sottoposto a VIA “non conteneva quel grado di dettaglio minimo e sufficiente affinché il Ministero dell’Ambiente addivenisse ad una corretta valutazione di compatibilità ambientale, non essendosi individuate compiutamente le opere da realizzare”. E il TAR continuava: “in particolare per quanto concerne le opere idrauliche va evidenziato che la documentazione progettuale originariamente prodotta in sede di VIA non conteneva l’indicazione delle relazioni geologiche, sismiche ed idrologiche, nonché le verifiche geotecniche” (p. 24). In altri termini, il TAR aveva valutato quello che aveva fatto il Ministero dell’Ambiente nel decreto di VIA; poiché il progetto sottoposto a VIA (ossia il Master Plan dell’aeroporto) non conteneva nemmeno lontanamente il dettaglio delle opere da compiere per costruire l’infrastruttura, aveva rinviato tutto alla fase esecutiva dei lavori. Si sarebbe visto lì, a realizzazione in corso, quale fosse la valutazione da trarre. Il TAR ritenne che “se le opere da realizzare non sono state compiutamente definite è la stessa valutazione di compatibilità ambientale a risultare parziale, non essendo stato possibile verificare in che misura l’ambiente ne risulterebbe modificato”.

Con questo, il Ministero dell’Ambiente ritenne il progetto sufficiente e idoneo ai fini del giudizio di compatibilità ambientale (p. 53). Il TAR però non era d’accordo; se nel progetto manca la concreta indicazione delle opere da realizzare, come si fa a ritenere che siano sostenibili e adeguate dal punto di vista ambientale? Di qui la censura del TAR che ritenne “contraddittorio e illogico” l’esito positivo della VIA, peggiorato ancora dal fatto che al Master Plan mancava la fase dell’effettuazione della Valutazione Ambientale Strategica (VAS). E perché la VAS non era stata effettuata? Non è che non fosse stata effettuata; era compresa nella variante al PIT approvata dalla Regione Toscana, atto che fu fulminato dal Tar della Toscana con sentenza 1310/2016 dopo che noi l’avevamo impugnato. Ma anche quella volta, nonostante la VAS non ci fosse più, si disse “Andremo avanti” (poi si è visto con che esito). E infatti nella sentenza che affossava la VIA, il TAR deliberò che “l’assenza di una valutazione strategica del piano territoriale che costituisce il “quadro di riferimento” per la relativa approvazione… doveva essere logicamente considerata non già un fattore neutro, come ritenuto dalla Commissione VIA, bensì un fattore obiettivamente critico, se non ostativo, ai fini dell’approvazione del Masterplan” (p. 83). Di qui la conclusione del TAR secondo cui l’emissione di un decreto positivo di VIA fosse dovuto all’irragionevolezza di un giudizio positivo espresso nonostante l’individuazione di “gravi carenze progettuali e/o dello studio di impatto ambientale” (p. 84), e il successivo fulmine sul decreto di VIA. Ma contro questa decisione del TAR della Toscana, gli aeroportuali si sono appellati al Consiglio di Stato, sostenendo che in realtà il progetto (ossia il Master Plan) conteneva invece puntualmente tutte le opere da realizzare “con livello di definizione progettuale tale da consentire, tra l’altro, l’univoca individuazione della localizzazione di tutte le opere di Masterplan, comprese quelle compensative o di mitigazione dell’impatto ambientale e sociale” (p. 30). Le soluzioni erano già presenti nel Master Plan (ad esempio spostamento e sottoattraversamento della nuova pista da parte del Fosso Reale); si tratta solo di “sviluppare  e risolvere”, in fase di progettazione esecutiva, le relative problematiche tecniche. Ma la valutazione di impatto ambientale c’è già stata, non è stata rimandata alla fase esecutiva, e l’ha fatta il Ministero che infatti ha rilasciato alcune (parecchie) prescrizioni.

     2. Ciò che dice il Consiglio di Stato

Ed è qui che casca l’asino; perché il Consiglio di Stato ha agevolmente osservato che sono proprio le prescrizioni del Ministero che dimostrano “l’irragionevolezza di un giudizio positivo espresso nonostante l’individuazione di gravi carenze progettuali” (p. 84). Infatti le prescrizioni contenute nel decreto di VIA non sono meri dettati di condizioni ambientali da rispettare ma impegni veri e propri di “ricerca e/o sviluppo di nuove soluzioni progettuali”, tra l’altro richiedendo “l’effettuazione e/o l’approfondimento di studi che avrebbe dovuto invece essere presenti ex ante ai fini dell’ottenimento della VIA e non semplicemente verificati ex post in sede di ottemperanza” (p. 84).

In altri termini: il TAR aveva ragione; nel progetto mancavano cose basilari che avrebbero dovuto essere valutate in sede di VIA e non richieste dopo, a VIA positiva e progetto già avviato. Sennò che si valuta? Tra l’altro, una delle cose che mancano era l’approfondimento del pericolo di bird strike, che non ci sembra poco; ma un disgraziato che vuole prendere un aereo, avrà almeno diritto a sapere se c’è il forte rischio che un gabbiano glielo tiri giù? Non sappiamo a voi; a noi piacerebbe parecchio. Magari anche a Rossi e Nardella.

Conclusione ovvia; il Consiglio di Stato conferma la giustezza della sentenza del TAR: il parere positivo di VIA è illogico e irragionevole (vulgo: per essere logico e ragionevole avrebbe dovuto essere negativo e il progetto bocciato) e respinge tutti i ricorsi degli aeroportuali. Non c’è più la VIA. E nemmeno la VAS. Dopo dieci anni e palate di soldi pubblici buttate via, non c’è più niente.

    3. Ciò che resta della vicenda dell’aeroporto

A questo punto vi dovrebbe essere essere chiaro perché parliamo di cazzate. Il problema non è la procedura di VIA sbagliata; il problema è proprio il progetto sottoposto a procedura di VIA che è pieno di buchi e lacune tanto che darne un parere favorevole equivale a esporsi a una censura di manifesta irragionevolezza. L’irragionevolezza però sta non nel procedimento di VIA in sé e per sé, quanto nell’approvare un progetto simile. E’ proprio il Master Plan che non va. Quindi è insensato dire, come fa qualcuno, che basta rifare la procedura di VIA; se non viene rifatto il progetto iniziale, ma rifatto bene, l’eventuale nuova procedura non può che concludersi allo stesso modo, ossia con una solenne bocciatura. Fin qui TAR e Consiglio di Stato.

Ci sarebbe però da uscire dall’ambito amministrativo e chiedersi perché autorità pubbliche hanno comunque approvato e voluto sottoporre a VIA un progetto che sapevano subito essere pieno di buchi e lacune. E lo sapevano perfettamente; non solo perché glielo avevamo detto noi (ma, dal momento che ritenevamo venissimo dalle spelonche e fossimo giunti sulle zattere con l’ultima piena, mica ci stavano a sentire… ma TAR e Consiglio di Stato ci hanno ascoltato eccome) ma perché glielo avevano detto persone al di sopra di ogni sospetto e meritevoli di essere ascoltate. Il dottor Marco Bottino, presidente del Consorzio di Bonifica, durante le audizioni in consiglio regionale di fronte alla Commissione ambiente (si era ai tempi della Variante al PIT) disse esplicitamente che un progetto dovrebbe essere qualcosa di più di un disegnino sulla carta -e c’è il verbale dell’audizione, di cui siamo in possesso, che lo dimostra. E nel parere del Nucleo di Valutazione della Regione Toscana n. 110/2015 era esplicitamente scritto che “il livello di definizione progettuale della documentazione complessivamente depositata dal proponente, anche a seguito delle integrazioni progettuali trasmesse, non permette di esprimere un parere compiuto relativamente a tutte le componenti ambientali interessate, e che conseguentemente rimangono ancora componenti non valutabili” . Quindi le criticità del Master Plan erano già venute perfettamente a galla ed erano note; ma anche allora, esattamente come qualcuno dice ora, si decise di “andare avanti lo stesso”.  L’esito finale era insomma prevedibile fin da allora, e si è puntualmente avverato. Resta però una domanda che TAR e Consiglio di Stato, rispettosi delle proprie competenze, non hanno potuto né voluto porsi, ma che i cittadini hanno il dovere di avanzare e il diritto di avere una risposta: perché autorità pubbliche hanno voluto comunque mandare avanti un progetto che sapevano già essere tanto sgangherato; in nome di quale interessi hanno forzato la situazione? Forse perché l’aeroporto era un interesse strategico della regione? Ma non era strategico quel Master Plan; se ne poteva tranquillamente fare un altro e magari migliore. Perché allora la mano pubblica si è legata mani e piedi alla realizzazione di quel progetto che si sapeva gravemente lacunoso ma che si è voluto accanitamente perseguire con ogni forzatura possibile (ad esempio ignorando il parere degli organismi tecnici che pur avevano compreso perfettamente la questione) fino a condividerne l’infelice destino finale? In nome di quali interessi?

E’ questo nodo, che ovviamente non poteva essere sciolto dal processo amministrativo conclusosi con la sentenza del Consiglio di Stato, che costituisce il frutto avvelenato della (conclusa) vicenda aeroportuale; un nodo che implica le responsabilità di una classe politica incapace e arrogante, nonché la qualità della rappresentanza politica in Toscana, e che senza dubbio coinvolgerà le ormai prossime elezioni regionali durante le quali preghiamo tutti coloro che ci leggono di ricordarsi di questa sventurata vicenda.

Post scriptum: alle cazzate delle vedove dell’aeroporto non si fa a tempo a stare dietro. Poco prima di uscire, ci giunge notizia dell’uscita del senatore di Scandicci di Italia Viva (in attesa di trasformarsi in Italia Morta) Renzi il quale ha preannunciato che chiederà un decreto legge per le infrastrutture bloccate da ricorsi assurdi. Tipo l’aeroporto di Firenze. E questa è la cazzata numero 4. Ammesso che questo qui conti ancora qualcosa (ci sa che dopo la visita di ieri del Presidente del Consiglio a quello della Repubblica non sia così), questa le batte tutte. E che dovrebbe fare il decreto legge, autorizzare per forza un progetto che è privo di VIA e VAS, previste espressamente dalla legge italiana oltre che dalla normativa europea? Ma davvero volete battere i denti al TAR un’altra volta? Tanto noi ormai ci divertiamo…

Le vostre Menti Locali.

 

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