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Dossier Aeroporto di Peretola: Londra e Firenze – Due aeroporti a confronto

L’aeroporto di Peretola è situato ad appena 4 km. dal centro della città. È, in effetti, un raro esempio di aeroporto inserito dentro il tessuto urbano. Si tratta di un unicum in Europa: chi è atterrato in aeroporti internazionali europei come il Charles De Gaulle a Parigi, come Heatrow e Gatwick a Londra, come il Barajas a Madrid, come il Tegel e lo Schoenefeld a Berlino, l’Arlanda a Stoccolma, l’Oslo Torp a Oslo, sa che non sono neppure nei sobborghi delle rispettive città. In taluni casi, come Oslo, sono persino a 100 km dalla città; l’Arlanda è a 40 km dal centro di Stoccolma, Barajas è più vicino: 12 km, mentre Schoenefeld è a 24 km e Gatwick è a 45. In tutti questi casi, il viaggiatore sa che dovrà prendere una navetta (di solito comodissima) per arrivare dall’aerostazione in città, per viaggi che durano dai 30 minuti a l ora. Nessuno sembra trovare ciò strano o scandaloso. Per contro, ricordiamo con piacere un numero di Aeroporto, rivista dell’Associazione Valentino Giannotti per lo sviluppo dell’aeroporto di Firenze, il n. 1 del gennaio-marzo 2011, in cui con involontario umorismo ci si arrampicava sugli specchi per dimostrare che in Italia (e dove altro?) il 50% degli aeroporti italiani si trova sempre in un raggio di 5 km dal centro cittadino di riferimento. La strabiliante cifra era ottenuta tenendo presenti scali prestigiosi come Tortolì, Elba, Aosta, Lampedusa. Poiché riteniamo che non sia a Tortolì che l’Amerigo Vespucci raddoppiato voglia fare concorrenza, ci permettiamo di dimettere l’argomentazione come una cazzata pura e semplice.

Vi era però una seconda argomentazione ripetuta spesso, il controesempio di Londra che in effetti ha un aeroporto entro il perimetro urbano: il City Airport. Dunque non è vero che gli aeroporti in città non sono possibili, o fanno male; l’esempio di Londra lo dimostra. C’è capitato persino di sentire con le nostre orecchie uno sventurato amministratore, durante un tremendo Consiglio comunale aperto a Campi Bisenzio nel marzo 2011, che dichiarò di sognare per il futuro del Vespucci un aeroporto bomboniera, come quello di Londra.

Anche le bomboniere, però, fanno male… soprattutto a chi ne parla per sentito dire. Se uno si prende la briga di documentarsi sul City Airport, scopre che non è il primo aeroporto civico (come invece si vorrebbe fosse Firenze) e nemmeno il secondo, né il terzo, e nemmeno il quarto, ossia si va ad aggiungere a una rete aeroportuale già molto dispersa sul territorio e che non tende a concentrare i vettori. In secondo luogo, non è mica un aeroporto progettato tenendo presente la Londra degli anni Trenta, come invece è successo al Vespucci. Al contrario, l’aeroporto è stato inaugurato nel 1987. A questo punto al lettore potrebbe venire il dubbio; ma se a Londra avevano già tutti questi aeroporti, perché hanno sentito il bisogno di costruirne un altro in città? Ed ecco la risposta, che ovviamente giace nella storia di quegli anni, quando si decise che il futuro dell’Inghilterra poggiasse nella finanziarizzazione dell’economia. L’Inghilterra, che usciva dallo sciopero dei minatori e da terribili conflitti sociali, doveva diventare una società post-industriale in cui il motore dello sviluppo sarebbe stato costituito dai servizi finanziari, ossia dalla City di Londra. Si era insomma all’inizio di quel periodo in cui ci si convinse e purtroppo si convinse molti anche a sinistra, che la finanziarizzazione dell’economia avrebbe portato alla grande stabilità, come ebbe a dire Gordon Brown nel 2004 a David Smith il capo redattore economico del Sunday Times, ossia a un periodo di crescita illimitata senza nessuna delle turbolenze dei decenni precedenti (l’episodio è narrato in D. Smith, The Age of Instability, London, Profile Books, 2010). Mai previsione si rivelò più fallace… Ciò nondimeno, così si credeva allora; e poiché il settore finanziario opera nello spazio di pochi secondi (le transazioni finanziarie sono basate su algoritmi informatici che spostano decine di milioni in pochi secondi reagendo alle fluttuazioni del mercato) chi aveva a che fare con la City non poteva sopportare tempi di spostamento che invece sembrano del tutto normali ai normali turisti.

Così fu costruito il City Airport, che infatti è distante 5 miglia nautiche dal centro della City. Se però appena appena ci si prende la briga di controllare i dati tecnici, si vede che la pista del City Airport è lunga 1.508 metri ossia più corta di quella attuale (non parallela) del Vespucci. Peraltro, anche il traffico passeggero attuale del Vespucci è del tutto paragonabile a quello del City Airport; se nel 2011 il Vespucci ha avuto 1.910.000 unità in transito, nel 2010 il City Airport ne ha avuti 2.700.000. Se si considera che Firenze ha 400.000 abitanti e la Grande Londra 13.000.000, sono flussi comparabili. Dunque non è che si voglia costruire un aeroporto come il City Airport; la bomboniera c’è già. Ciò che si vuole davvero, è prendere l’esempio a vanvera del City Airport per giustificare un potenziamento che, se fosse avanzato a Londra, l’incauto proponente rischierebbe di essere rincorso con i bastoni. Tra l’altro, c’è da dire che mentre il City Airport era motivato dall’esistenza di una particolare esigenza economica, a Firenze non esiste nessun tipo di attività che richieda uno spostamento più rapido entro la cerchia urbana (le maggiori industrie sono tutte fuori città, e lì i collegamenti sono alquanto penosi e comunque non migliorano certo con un aeroporto più grande) e quindi i maggiori fruitori sarebbero i turisti.

Con maggiore onestà intellettuale, invece del paragone a sproposito del City Airport, si sarebbe potuto fare il paragone del berlinese Tempelhof, l’aerostazione degli anni Trenta tanto utilizzata dai nazisti, che fu costruita in un’epoca in cui Berlino non era certo quella che è oggi. E infatti a Berlino nessuno pensa di raddoppiare il Tempelhof; al contrario, l’hanno chiuso definitivamente nel 2008 e gli aeroporti attuali sono stati costruiti ben fuori città. Da noi, al contrario, si continua a insistere su infrastrutture nate novant’anni fa e su potenziamenti progettati cinquant’anni fa, e si pontifica sul fatto che ciò rappresenta la modernità e il progresso. Se sia possibile sostenere ciò senza far crepare dal ridere tutti, lo lasciamo valutare al lettore.

Un’ultima annotazione in limine. L’esempio di Londra ci ricorda straordinariamente da vicino l’argomentazione a favore dell’inceneritore costruito a Vienna. Siccome a Vienna c’è un inceneritore in città, gli inceneritori non fanno male. Che sono a Vienna, più pazzi? Anche quest’esempio nasconde storie divertenti, che magari racconteremo un’altra volta. Chi volesse però divertirsi potrebbe studiarsi il rapporto di Greenpeace sull’inceneritore di Vienna intitolato Waste Incenerating Plants in Vienna (1999) e disponibile anche su Internet. Ne scoprirebbe delle belle.

Indice del Dossier:
0. Presentazione
1 . Un po’ di storia
2. Che ti dice la VAS
3. La pista parallela
5. Areoporti nel parco

2 commenti su “Dossier Aeroporto di Peretola: Londra e Firenze – Due aeroporti a confronto

  1. Pingback: Tutto quello che avreste voluto sapere sull’aeroporto di Peretola (ma che nessuno vi ha mai detto) « Campi Bisenzio Notizie Blog

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